Intervista al Direttore Cineas Higinio Silvestre

Intervista al Direttore Cineas Higinio Silvestre

..spaziando dall’attuale situazione della categoria peritale italiana alle prospettive future, dalle criticità del momento alle opportunità, dalla formazione alla crescita, dalle abitudini al cambiamento.

Marco Valle intervista il nuovo Direttore Cineas, Higinio Silvestre, per un confronto sull’attuale situazione del mondo peritale italiano, su quali siano i punti di forza e quali le debolezze. Ciò, in relazione sia al settore dei sinistri cosiddetti “di frequenza”, che a quello dei complessi e molto complessi.
MV: La categoria peritale sta vivendo un momento di forte cambiamento che genera in molti professionisti preoccupazione per il futuro. Tale senso di incertezza porta con sé, a volte, la paura di trovarsi spiazzati di fronte a un mondo che muta velocemente, con il rischio di iniziative e comportamenti poco ordinati. Quali sono le peculiarità nel panorama attuale, italiano e non? Quali problematiche rileva?
HS: Vi è una forte tendenza alla standardizzazione e meccanizzazione dei processi, soprattutto per quanto concerne il settore “di frequenza”. In Italia se ne percepiscono i primi accenni, mentre in realtà estere come la Francia e la Spagna la gestione dei sinistri di frequenza è ormai sostanzialmente automatizzata-industrializzata. A fronte di questi processi, non si deve accettare di abbassare il livello di professionalità e non si deve dimenticare che per i sinistri complessi sono indispensabili competenze professionali solide, multidisciplinari e di alto livello.
MV. Come quanto detto si ricollega agli innegabili cambiamenti del contesto?
HS: Il mondo peritale si trova a operare in una realtà che è oggettivamente in continuo e rapidissimo mutamento. Fondamentale, per affrontare il cambiamento, disporre di competenze professionali solide e costantemente aggiornate. Cineas ha sempre cercato di anticipare i tempi per supportare il perito nella sua evoluzione professionale creando ed aggiornando il percorso di specializzazione in Loss adjustment che si compone di tre livelli e guida il percorso del perito nelle sue diverse fasi: introduzione alla professione (Loss adjustment basic online), livello avanzato (Loss adjustment advanced) e Expert loss adjuster. A prescindere dalla complessità dei sinistri che si vanno a trattare vi è un unico e imprescindibile obiettivo primario: la soddisfazione dell’Assicurato. E la professionalità deve essere declinata su tre fronti fra loro ugualmente fondamentali: organizzazione / competenza tecnica / capacità di gestione delle persone.
MV: In situazioni e realtà complesse quanto influisce la capacità gestionale di un Loss Adjuster?
HS: È indispensabile che il perito sappia tempestivamente cogliere una situazione, comprendere il contesto e inquadrare il problema. Avere profonda capacità di gestione del rapporto con tutti gli interlocutori con cui si ha a che fare (dall’Assicurato, al legale, all’Agente, alla Compagnia). Capacità di individuare le problematiche, scioglierle e armonizzare le situazioni.
MV: Quanto è importante saper intuire e anticipare i problemi per evitare attriti e ostacoli nella gestione del sinistro?
HS: E’ fondamentale, e certamente parte preponderante dell’attività peritale. Indispensabile non solo individuare un elemento e saperlo affrontare, ma comunicare e rendere condivisibile un messaggio. Il perito deve saper creare situazioni di win win, non solo sotto il profilo della quantificazione dell’indennizzo, ma anche dal punto di vista di Loss Prevention e analisi della polizza, per migliorare la situazione di copertura del rischio per il futuro.

MV: Quali sono, oggi, i punti di forza del mondo peritale italiano?
HS: I periti italiani sono, a mio avviso, un po’ sopra la media rispetto ai colleghi europei, dal punto di vista tecnico, di analisi contrattuale e applicazione norme di liquidazione. Anche le opportunità formative messe a disposizione da Cineas aiutano in questo senso nell’acquisire e consolidare conoscenze anche in tempi rapidi.

MV: E i punti di debolezza, invece?
HS: Il perito italiano deve imparare a fare squadra perdendo l’atteggiamento di chi vuole dimostrare di saper fare tutto da solo. Non vedo in futuro lo studio padre, figlio e pochi dipendenti. Servono strutture con conoscenze tecniche diversificate e la capacità di dare risposte specifiche su casi particolari anche su mercati esteri. La competenza tecnica è imprescindibile anche per quanto concerne i sinistri di massa: il fenomeno elettrico deve essere valutato da una persona esperta sotto questo profilo. Se un sinistro ha un minimo di complessità, deve essere gestito da uno specialista in materia.

MV: Quali possono essere le soluzioni atte a garantire l’efficace creazione di network sul territorio internazionale, tali da garantire omogeneità nell’operato anche e soprattutto dal punto di vista etico?
HS: I network vanno bene solo ed esclusivamente se lo sono nella sostanza dei fatti. Altrimenti comportano dei rischi elevatissimi. Interessante sarebbe fare controlli e audit incrociati sui network.

MV: Quale può essere il vantaggio di una struttura polispecialistica dove comunque c’è un apporto prevalente da parte del singolo?
HS: È importante una struttura con competenze diversificate e multidisciplinari. Essere in grado di dare risposte a 360° alle domande che possono arrivare. Questo può essere garanzia di sopravvivenza nel lungo periodo, rispetto a strutture monospecialistiche o a singoli professionisti che agiscono da “tuttologi”. Fondamentale è la diversificazione per gestire problematiche eterogenee, tutte ad altissimo livello e con figure di riferimento diverse, in tempo reale. Armonizzare le attività anche per evitare sgradevoli conflitti di interesse.

MV: Ulteriori criticità del mondo peritale italiano oggi?
HS: un eccessivo individualismo. Paura di affrontare con serietà e capacità le situazioni.  Esistono le competenze, le tecniche e gli strumenti per affrontare certi sinistri, ma la paura sta congelando l’azione. Si deve avere il coraggio di cambiare. Serve essere pionieri. Credo che la volontà associativa riscontrata nell’ultimo periodo sia positiva. Sempre maggior forza va data al settore formativo affinché sostenga l’evoluzione di questa figura professionale. Importante però che non vi sia individualismo e si creino, piuttosto, situazioni di sempre maggior aggregazione.

MV: importante quindi sapere guardare oltre le proprie abitudini?
HS: direi anche saper mettere sul tavolo tutte le capacità dei periti oggi, per rendere opportunità le difficoltà esistenti. Le Compagnie, in ogni caso, non potranno riuscire a liquidare sinistri facendo a meno delle competenze tecniche necessarie e di cui, oggi, mi sembra non dispongano al loro interno.

MV: nel Novembre 2013, l’Assemblea AIPAI promuove la mozione per una Confederazione fra periti. Ad Aprile 2015 si giunge a “Periti Uniti”. Personalmente, ritengo fondamentale un Consiglio che valorizzi la categoria. Qual è la tua opinione? Conoscendo i vertici delle diverse associazioni componenti, credi ci siano speranze perché personalità diverse fra loro possano trovare accordo?
HS: credo che, per far funzionare qualunque tipo di Associazione o Confederazione, sia fondamentale che gli organi che ne sono al vertice e devono prendere decisioni non abbiano aspirazioni personali di voler fare cose diverse. Ci vuole un atteggiamento di disponibilità e servizio verso un obiettivo. Periti Uniti deve portare avanti un discorso. Per riuscirci, è necessario che si scelga un obiettivo raggiungibile, comune e condiviso da tutta la categoria, e che quello si persegua. Ad esempio, l’importanza di un percorso formativo, quale quello proposto da Cineas, o la regolamentazione della professione. Indispensabile tenere presente che l’unione fa la forza e che non si deve mai avere paura di fare un passo indietro, perché a volta un passo indietro vale come 7 passi avanti.

MV: come può oggi uno studio piccolo o individuale tutelarsi per il futuro?
HS: l’unica soluzione è cercare realtà simili e associarsi.

MV: mi incuriosisce molto il percorso per il riconoscimento dei Master Cineas a livello europeo. Come si è sviluppato e come sarà possibile concretizzarlo?
HS: E’ un percorso già avviato da molto tempo, promosso e portato avanti dal Dr. Bertani e dall’Ing. Ortolani, anche attraverso le loro precedenti esperienze personali e professionali. Riteniamo importante uniformare o comunque rendere riconoscibili alcuni percorsi formativi e alcuni requisiti fra Italia e estero. Le tempistiche di raggiungimento non sono prevedibili. Tutto comunque progredisce. Attualmente stiamo lavorando con l’Ing. Sacco, Advisor del Consorzio, per individuare possibili percorsi e modelli a livello internazionale.

MV: cosa risponderebbe Cineas a 4 specialisti di 4 notissime compagnie svizzere che intendessero intraprendere un percorso formativo, sapendo di avere già una buona formazione di base?
HS: questa domanda è quasi una sfida. Cineas non ha limiti a trovare le soluzioni. Fateci le domande, e troveremo le risposte. Ad oggi la formazione dei periti deve seguire un percorso definitivo, che consente che vi sia una consecutio, dal livello base a quello più alto. E’ chiaro che – individuando gruppi specifici (ad esempio una o più compagnie) – si possono creare soluzioni ad hoc.

MV: come è cambiato il mondo del Risk Management?
HS: sono cambiati i rischi, è cambiato il mondo, è cambiata la percezione dei rischi. Nel 1978 sono venuto in Italia, e già la Compagnia in cui operavo aveva un sistema di controllo dei rischi (Ingegneria delle Assicurazioni). Negli ultimi anni è cresciuta, ma non a sufficienza, l’attenzione delle aziende al risk management complice anche la situazione di recessione economica. Va evidenziato che la crisi non ha avuto solo conseguenza negative. In materia di risk management ha favorito la riflessione su tematiche legate alla continuità del business, al valore d’impresa e alle modalità in cui la gestione del rischio può diventare uno strumento per facilitare i rapporti con banche e assicurazioni. La terza edizione dell’Osservatorio Cineas – realizzata in collaborazione con Mediobanca e con il contributo di UnipolSai Assicurazioni su un campione di 257 medie imprese italiane – ha prodotto risultati molto interessanti: 
le aziende che gestiscono i rischi ottengono perfomance economiche migliori del 20-30% sul mercato; non solo, ma per il 74% degli intervistati, il risk management è uno strumento per cogliere opportunità (in particolare, contribuisce a semplificare i rapporti con le banche e con le  assicurazioni). Tuttavia, rimane ancora troppo bassa la percentuale delle medie imprese in cui è presente il risk manager. Per concludere, possiamo dire che la sensibilità cresce a livello delle imprese, ma mancano ancora oggi le strutture dedicate. Le risorse vanno utilizzate tutte, non si può rinunciare a 4 dita su 10 per tenerle incrociate sperando che non capiti nulla! Si deve investire sul Risk Management.

MV: Grazie, Higinio!

Dopo l’intervista al Direttore Cineas, sono sempre più convinto che il cambiamento e la capacità di fronteggiarlo e gestirlo siano VITA, tanto per l’individuo quanto per le diverse realtà, più o meno complesse, che sono state oggetto del nostro colloquio.

Marco Valle