In caso di incendio il cortocircuito è come il maggiordomo: è lui l’assassino!

In caso di incendio il cortocircuito è come il maggiordomo: è lui l’assassino!

La ricerca delle cause di un incendio è un’attività complessa che richiede tempo e competenze. Un incendio, anche se non di rilevanti dimensioni, richiama spesso sul territorio l’attenzione della stampa locale. Intervenendo su un sinistro, non è raro imbattersi in articoli che in qualche modo travisano la realtà o comunque anticipano conclusioni prima ancora che si siano state anche solo avviate le indagini, nel tentativo di dare risposte immediate in assenza di riscontri.
Gli organi inquirenti sono, al contrario, prudenti ma ciò non toglie che, magari anche a soli fini statistici, tecnici pure di valore nell’ambito della loro attività azzardino tesi sulle cause senza che sia stata ancora data loro l’opportunità di condurre un’indagine. Tipico il caso dei VV.F. che sul verbale di intervento danno notizie – per la verità di valenza prevalentemente statistica – sulle possibili cause, che poi vengono da altri assunte, in mancanza di indagini, come conclusioni. Si sprecano in questi casi i riferimenti al guasto di origine elettrica, un po’ come avveniva per il maggiordomo nei gialli: è lui l’assassino!
Dovendo dare un’informazione al grande pubblico sulle cause di un incendio, il fenomeno elettrico è in definitiva visto dai media come una semplificazione.
Non vogliamo commettere l’errore opposto ed assolvere l’impianto elettrico ritenendolo a priori estraneo da ogni responsabilità, ma sottolineare che l’indicazione della causa elettrica non è sempre frutto di una valutazione tecnica, ma spesso si tratta di una scorciatoia seguita  nell’impossibilita’ di dare in tempi brevi valutazioni di tipo tecnico.
Questa scelta può impattare favorevolmente o negativamente sull’accertamento, potendo ad esempio coinvolgere impropriamente la responsabilità di impianti elettrici, e quindi dei relativi proprietari, siano essi a servizio del fabbricato o dell’attività che si svolge sottotetto. Si tratta di valutare come replicare ad una tale indicazione, se dovesse suscitare perplessità nel perito incaricato dei rilievi.
Le norme identificano luoghi particolari, giudicati a rischio, ove vanno installati impianti specifici: ne sono un esempio i luoghi a maggior rischio di incendio e per la presenza di atmosfere esplosive, definiti secondo precisi criteri normativi emessi dal CEI. L’individuazione dei luoghi particolari è prevista a cura dell’azienda, che deve redigere una valutazione del rischio connesso al luogo ed alle lavorazioni che ivi si svolgono. La diretta conseguenza e’ la scelta di un impianto elettrico congruente.
Alcune strutture vanno poi protette contro le scariche atmosferiche. L’Azienda deve condurre valutazioni sulla probabilità di fulminazione che, una volta calcolata, deve essere confrontata con il rischio ritenuto accettabile dalla norma. Da questo confronto può nascere la necessità di prevedere protezioni specifiche e indicazioni sul tipo di protezione da adottare.
La presenza di problematiche collegate all’assenza di adeguato studio e di adeguate cautele da parte dell’Azienda merita un approfondimento se si è alla ricerca di una causa.
L’esame successivo riguarda lo schema elettrico dell’impianto, da completare con l’acquisizione del certificato di conformità corredato dai relativi allegati. Utile verificare la corrispondenza dell’eseguito al progetto, in modo particolare nella zona in cui si ha motivo di presumere che l’incendio si sia sviluppato, per individuare eventuali punti deboli e negligenze dell’impresa e/o della ditta che ha eseguito i lavori.
Completata questa fase, è possibile analizzare i guasti, le cui tipologie più comuni sono :
– Guasto verso terra (tra una fase attiva e l’impianto di terra). Gli effetti sono quelli del passaggio di corrente elettrica in conduttori non “istituzionali” , ad esempio in una carpenteria metallica , con possibili contatti incerti che possono essere motivo di innesco. Di norma l’impianto e’ protetto da un interruttore magnetotermico differenziale, che spesso è  ad alta sensibilità. In tale condizione un guasto verso terra dura pochi decimi di secondo. L’interruttore differenziale non limita la corrente che circola nel punto di guasto, ma solo la sua durata; la corrente è limitata solo dall’impedenza dell’anello di guasto, diminuisce mano a mano che ci si allontana dal punto di fornitura e comunque in presenza di interruttore differenziale è sensibilmente limitata nel tempo, sicché l’energia riversata nel punto di guasto finisce per essere relativamente modesta. Noto il tempo, la corrente di guasto ed i possibili percorsi seguiti,  potranno essere condotti ragionamenti sulla possibilità che il guasto possa davvero aver avuto un ruolo nel sinistro.
– Corto circuito e sovraccarico di lunga durata. Nel primo caso, si tratta di sovracorrente originata da un guasto. Per la protezione dal corto circuito di norma si utilizza una la protezione magnetotermica. La corrente di  corto circuito a fondo linea ha spesso valori modesti, tanto che il normatore si preoccupa che la stessa non sia tanto ridotta da impedire un pronto intervento della protezione. Il sovraccarico e’ ancora una sovracorrente dovuta a condizioni di esercizio fuori progetto: in questo caso l’impianto elettrico e’ sano, ma  lavora  al di sopra delle proprie possibilità.
Come per il corto circuito a fondo linea, anche per il sovraccarico la corrente può non essere tempestivamente interrotta dalle protezioni e quindi durare un tempo abbastanza lungo da renderla potenzialmente pericolosa. Ad esempio potrebbe surriscaldare le superfici di canali e blindosbarre con possibile decadimento dell’isolamento e innesco di guasto.
Circa i tempi di intervento, vale a pena sottolineare che nel guasto elettrico spesso e’ il tempo la discriminante tra guasto pericoloso e non, perché è proprio il tempo a determinare l’energia rilasciata. Noto l’ordine di grandezza della corrente di guasto, l’analisi delle protezioni installate potrà dare notizie sul tempo di intervento.
Un intervento ritardato, ad esempio per cattivo coordinamento, è certamente una delle condizioni  più gravose cui possa essere cimentato un impianto, ma non è detto che possa determinare un incendio.
È buona norma controllare anche che il potere di interruzione degli interruttori sia  congruente al valore della corrente di corto circuito nel punto in cui sono installati. Valori insufficienti possono anche portare allo scoppio dell’apparecchio.
L’ultima verifica da condurre e’ quella del coordinamento tra conduttura elettrica e protezione; ogni conduttura elettrica ha una portata che per ogni sezione e’ funzione di più parametri: il materiale che costituisce il conduttore, il tipo di isolante, il tipo di posa.
La cattiva scelta della protezione può essere causa di sovraccarico, per mancato o ritardato intervento della protezione: questi sono forse i due maggiori pericoli che si possano correre.
In conclusione, spesso non è possibile individuare con certezza l’esatta origine di un incendio, ma questo non autorizza a concludere che la causa sia stato un corto circuito (una volta era il classico mozzicone di sigaretta, oggi in disuso forse perché è diminuito il numero di fumatori!).
È al contrario ragionevolmente possibile dire cosa certamente non possa essere stato, delimitando così la sfera delle possibili cause.

Aurelio Vaiano