Avevo premesso nel mio precedente reportage sul Convegno CINEAS imperniato sulla Cultura del Rischio e Prevenzione, che alcuni dei numerosi interventi per snellezza della Newsletter, sarebbero stati completati con quelli degli altri oratori che avevo già presentato:
la Prof.ssa Simona MORINI, autrice del libro “Il rischio: da Pascal a Fukushima”, il Dr. Sergio URBANI, Segretario Generale Fondazione CARIPLO, il Prof. Giovanni AZZONE Rettore del Politecnico di Milano ed il Dr. Emilio GIANNELLI che apre quotidianamente, con le sue vignette, la prima pagina del Corriere della Sera. Procederò, come già avevo fatto, nello stesso ordine con il quale gli oratori erano intervenuti, ampliando le osservazioni di apertura e di chiusura del Presidente del CINEAS. BERTANI aveva aggiunto alle sue considerazioni una frase di G. Leopardi tratta dal “Discorso sopra lo stato presente degli Italiani” nel quale, fedele alla sua natura chiaramente ed interiormente pessimista, vedeva i compatrioti di allora come un “…agglomerato di singoli individui…” sprofondati “… nel proprio orizzonte privato…”, per porsi la domanda di quanto siano lontani gli Italiani di allora da quelli di oggi e riferendo nel contempo il risultato di un’indagine condotta in U.S.A. sul livello di autostima dei popoli nel mondo: gli Italiani sono tra gli ultimi, mentre i Russi sono i più fieri. Questo per dire che, a prescindere dal grado di autostima, solo negli ultimi trent’anni si è fatto molto sotto l’aspetto della CULTURA generalizzata ed in particolare nell’individuare quella delle competenze di valutazione e di controllo dei rischi.
I risultati finora raggiunti dal CINEAS (consorzio al quale, come AIPAI, abbiamo partecipato attivamente alla sua fondazione ed al suo sviluppo) stanno nei numeri:
– circa 1.800 persone diplomate in otto Master nei 15 anni trascorsi;
– partecipazione di ben 865 persone formate nei corsi del solo anno 2014.
Lo Stato Italiano nel 2009, in occasione del gravissimo terremoto de l’AQUILA, ha deciso di sperimentare il controllo da parte di un ente esterno (estraneo ai propri funzionari) delle richieste di contributo ai danneggiati (circa 20.000) con il risultato che 412 milioni di euro sono stati risparmiati su circa 3.150 milioni di richieste.
L’Italia, con la limitata cultura universitaria (21% di laureati contro il 39% dei paesi OCSE), è penalizzata sotto l’aspetto della mancanza di EDUCATORI e purtroppo questa carenza si ripercuoterà ancora per anni.
Prof.ssa Simona MORINI; col suo libro (già richiamato) ha inteso mettere in evidenza che gli eccessi di pianificazione e di prevenzione al verificarsi di un rischio tecnologico (non naturale) può portare all’eccesso di precauzione e quindi ad un enorme numero di parametri difficilmente considerabili nel calcolo delle possibilità di accadimento di un evento dannoso.
Conclude che qualsiasi prevenzione è inefficace se non esiste la responsabilità e la fiducia rispetto al proprio prossimo con la irruente domanda: l’esclusione del rischio è possibile? Purtroppo recentemente abbiamo dovuto registrare “in vivo” la risposta negativa alla domanda, con il gravissimo incidente aereo avvenuto in Francia a causa di un copilota che non avrebbe mai dovuto per età, per esperienza e per affidabilità neppure momentaneamente, comandare un aereo di linea con 149 persone a bordo, che è stato portato con freddezza poco comprensibile a schiantarsi sulle montagne dell’Alta Provenza. Ma questo avrebbe dovuto rimanere uno dei casi sconosciuti ed assolutamente imprevedibili, a dimostrazione che il rischio ZERO non è ammissibile.
Dr. Sergio URBANI; Segretario Generale Fondazione CARIPLO, è intervenuto sulla cultura del rischio nel mondo della finanza.
Egli distingue i rischi operativi nello svolgimento di una attività finanziaria che può non rispondere alle attese; per ottenere l’ottimo v’è da attendersi e quindi valutare una serie di inconvenienti specifici di rischio in senso negativo, perchè:
possono accadere degli incidenti, acquisisco un servizio e possono evidenziarsi eventi di corruzione,
vendo un servizio e possono esserci delle interruzioni non previste.
Il rigore e la disciplina nella gestione delle attività finanziarie aiutano a prevenire i rischi e quindi:
– si procede alla loro mappatura,
– si fissano gli obbiettivi e la strategia di gestione,
– si determinano le modalità di gestione,
– si procede al controllo periodico con la stesura di rapporti riassuntivi sui risultati raggiunti, non trascurando il fatto che esistono anche normative come:
– la legge 626/96 sicurezza e salute lavoratori,
– la legge 231/01 responsabilità delle società, con riferimento ai modelli organizzativi e di controllo richiesti dall’Autorità di Vigilanza.
In generale per la gestione del rischio si attivano nelle Aziende le funzioni di vari uffici interni:
– legale
– acquisti
– risk manager
– revisione interna
– collegio sindacale
– revisore contabile, non dimenticando la recente previsione di attuazione di un decalogo anti corruzione.
Le singole funzioni dei vari uffici devono essere coinvolte con controllo ed equilibrio (evitando il rischio di assolutismi) ed esercitando ognuno il proprio ruolo senza esasperare l’aspetto burocratico e la minaccia di blocco, con la finalità ultima di gestire i rischi, ben sapendo che non sono eliminabili totalmente. Nel rischio finanziario, il rendimento di una attività non è detto che debba essere necessariamente conforme alle attese ma, rispetto ad esse può andare o peggio o meglio e quindi si potrà stimare quali rischi sono interessanti da assumere e quali no.
Attualmente i tassi di resa su capitali privi di rischi sono praticamente inesistenti e vanno dallo 0,021% allo 0,91% all’anno (tra il breve e lungo termine) mentre i rendimenti dei mercati azionari sono, al momento, più alti. La visione del rischio finanziario è fondamentalmente statica mentre la volatilità fa puntare l’attenzione sulle attese, stando però a vedere cosa succede prima di decidere; in alternativa si può trasferire ad altri il rischio vendendo, la propria posizione con contratti che danno il diritto, a fronte del pagamento di un premio, di vendere od acquistare un asset ad un certo prezzo ed entro una certa data, per cui il rischio si può gestire, abbandonando la propria posizione passiva. Le opzioni nascono per politiche di copertura che hanno portato ad un nuovo modello di riferimento; la possibilità di gestire attivamente il rischio con prezzatura del premio che varia in funzione del valore intrinseco del titolo (prezzo di esercizio e prezzo di mercato), la sua vita residua, la sua volatilità, dipende dall’asset dei sottostanti ed il costo del danaro. L’applicazione delle opzioni dice molto sull’importanza della gestione attiva e della menagerialità. La gestione può essere vista come insieme di opzioni esercitabili per pilotare le situazioni contingenti e per reagire alla evoluzione della volatilità (rischio) nel tempo e sono tanto più importanti, quanto più alta è la volatilità dell’attività. Talvolta è meglio non decidere e prendere tempo perché oggi le scelte non convengono anche se conviene mantenere vivo il contratto di opzione. Gli scenari entro il quali si svolgono le attività sono sempre molto complessi per essere affrontati con un minimo di tranquillità, il che comporta menagerialità, la quale prevede organizzazione con decisioni da concretare attraverso un sistema di deleghe e relative responsabilità. Le funzioni debbono mantenere una visione d’assieme dell’attività da svolgere altrimenti la menagerialità rischia di perdersi.
La maggior parte delle informazioni di chi opera finanziariamente poggiano su CONVENZIONI e non su dati concreti e quindi è necessario avere sempre spirito critico e buon senso, due caratteristiche che sono di grande aiuto per identificare i rischi effettivi.
L’economia reale spesso non può rendere quanto promette la finanza ed occorre saper valutare il pericolo nel quale gli squilibri che si notano possono diventare rilevanti per chi svolge l’attività in questo settore, considerando con anticipo quali possano essere le misure anticicliche rispetto ai rischi individuati. Un fattore di mitigazione del rischio è quello della “ resilienza“ che è un termine tecnico per indicare la prerogativa di un materiale a riprendere le proprie caratteristiche dopo una consistente deformazione, e quindi, in termini di rischio finanziario, la capacità di dell’operatore (e del suo cliente) a sopportare scossoni senza conseguenze immediate.
Prof. Giovanni AZZONE; oltre che Rettore del Politecnico di Milano è professore ordinario di “Controllo Gestionale”, svolge attività di ricerca nel campo dell’analisi e del controllo di gestione in imprese industriali e Pubbliche Amministrazioni. Egli rimarca la necessità di formazione delle persone in tema analisi del rischio che si distingue nel tema del dissesto geologico ed in quello del pericolo sismico, con le necessarie competenze per razionalizzare l’istruzione. L’istruzione con competenze sugli effetti continuati e variabili degli impianti in generale, ad esempio su quelli di sollevamento delle acque come le pompe in gruppo (sotterranee o sopraelevate come in USA) e le competenze trasversali, può essere affrontato tramite la composizione di gruppi di lavoro. In Italia ci sono molti studiosi preparati in idrogeologia e fenomeni sismici ma mancano i finanziamenti da parte delle Assicurazioni; tanto per esemplificare, quelli al Politecnico di Milano sono praticamente nulli, mentre, visti gli specifici interessi alla ricerca delle competenze, è sempre utile che si studino insieme. La contribuzione per il terremoto de l’Aquila nel 2009/2010 per la verifica dei progetti e le certificazioni dei preventivi, sono stati per esempio molto utili.
Dr. Emilio GIANNELLI; chi legge normalmente il Corriere della Sera, conosce nelle sue vignette umoristiche con quale satira, garbata e mai volgare, riesca a coinvolgere la volubilità della nostra politica di governo, esprimendo sempre il sentire dell’opinione pubblica con grande pertinenza su un fatto quotidiano nella sua piega più impertinente. Giannelli è una persona tra l’altro molto affabile e la si ascolta volentieri. Ricordo una battuta, tra tutte quelle che ha raccontato sulla cultura del rischio da parte dei media, sul titolo di un articolo di cronaca: “operaio si amputa braccio destro, purtroppo non esiste una assicurazione sul sinistro”.
Ritornando all’intervento dell’attuale Prefetto di Roma e già Capo della Protezione Civile dopo aver avuto esperienza nella Polizia di Stato nel servizio Antiterrorismo e nel SISDE, il Dr. Franco GABRIELLI, parlando dei terremoti e delle loro eruzioni, ricordava che lo storico (anno 79 d.C.) e gravissimo fenomeno che distrusse Pompei (e dintorni tra cui Ercolano) si verificò un versamento lavico calcolato in circa 4 Km³ ma che, dopo che dall’ultima eruzione del 1944 sono trascorsi 70 anni, ora verrebbe prevista in misura ben maggiore. Ai lati di questa area ROSSA, era stata presa in considerazione un’area GIALLA ove sarebbero ricadute le ceneri proiettate verso l’alto durante l’eruzione. In quell’area sarebbe stata buona norma fare rispettare nelle nuove costruzioni abitative, strutture con manto di copertura a falda o a doppia falda per scaricare sulle strutture verticali una parte del carico che si accumulerebbe per le ceneri, … no, le strutture di copertura hanno continuato ad essere realizzate a tetto piano.
La cultura del rischio, come si vede, è sempre fondamentale per essere “proattivi” invece di costruire ancora oggi abitazioni in aree golenali di corsi d’acqua e/o alle falde dei vulcani. L’assicurazione obbligatoria contro i terremoti come estensione di rischio delle polizze incendio ha avuto un recente periodo di pubblicizzazione anche politica sulla base dell’esperienza Francese, ma il risultato è stato per ora nullo e quindi non è andato in porto (si pensi alla tassazione del premio, sempre e comunque, del 22,25%).
In chiusura di Convegno, il Dr. Bertani ha inteso sottolineare gli stimoli recepiti dai singoli oratori nei campi di loro competenza.
Per la SANITA’, ribadisce la figura del Controllore Sanitario, la cui attività dovrebbe diventare obbligatoria per quelle strutture che abbiano le caratteristiche minime per essere considerate tali. Non da meno vede la necessità che nelle sale operatorie esista una specie di Scatola Nera, del tipo che viene usata sugli aerei di linea e viene di recente propagandata sulle autovetture che usiamo tutti i giorni. Le Scatole Nere delle sale operatorie registrano tutti i parametri del paziente sotto i ferri ma, e non solo, vengono registrati in maniera inaccessibile agli operatori anche le voci dei medici e del personale paramedico che stanno operando.
Dice bene il Prof. AZZONE che le Compagnie di Assicurazione devono fare prevenzione così come nella R.C.A., anche nei rischi dei Rami Elementari. La collaborazione tra Istituzioni finanziarie, assicurative e di impresa deve essere ricercata per ottenere quella cultura del rischio della quale le Imprese hanno assoluta necessità in particolare per aumentare il livello di conoscenza delle Medie e Piccole Industrie.
I media (quotidiani, riviste tecniche, televisione ed ogni tipo di pubblicità rivolta al pubblico) hanno un ruolo determinante per il successo della Cultura del Rischio e così debbono agire le Industrie. Le Istituzioni non possono venire meno al proprio compito se si pensa che il 72% delle persone che hanno subìto danni da recenti eventi naturali, dice che l’attuale sistema, oltre che dispendioso, non va bene.
Quelle stesse persone sarebbero propense ad un sistema promiscuo: finanziario, assicurativo ed imprenditoriale ma senza la tassazione delle polizze assicurative del 22,25% (la più alta in Europa).
Ernesto Rovatti