Approccio e metodo nei sinistri di RC Professionale tecnica (I Parte)

Approccio e metodo nei sinistri di RC Professionale tecnica (I Parte)

Introduzione
Il tema in oggetto sarà affrontato mediante una serie di articoli (di cui questo è il primo) che formeranno un breve compendio, certamente non esaustivo, delle principali attività che il perito si trova a porre in essere quando riceve un incarico di RC Professionale. Il focus sarà posto sulle professioni tecniche; tuttavia i principi esposti hanno valenza generale per questa tipologia di sinistri, seppur essi dovranno sempre essere calati nell’inquadramento dato ai diversi temi dai singoli assicuratori, con quali ci si dovrà sempre confrontare in merito alla corretta interpretazione dei patti contrattuali.
Per chi si approcci a questa variegata e poliedrica materia, è bene tenere a mente che la mera conoscenza della tecnica assicurativa non può prescindere da un solido bagaglio nella specifica materia professionale da affrontare, così come è altrettanto necessario che il perito possieda conoscenze di giurisprudenza che gli permettano d’indirizzare le sue attività, affinché esse siano armonicamente integrate alle pronunce più attuali dei tribunali (senza per questo volersi sostituire agli avvocati!).
Come tutti i sinistri dell’ampia famiglia della responsabilità civile, anche questo è un campo dove l’aspetto estimativo ha un ruolo, mi si permetta di scrivere, “di secondo piano” rispetto alla comprensione del quadro normativo, talvolta estremamente complesso, nel quale l’attività professionale è stata svolta e con esso l’eventuale “imperizia, imprudenza e negligenza” che abbiano comportato una responsabilità del soggetto assicurato.
Si anticipa pertanto al lettore che negli articoli non troverà né la soluzione agli infiniti casi che la tecnica potrà presentarci, né un massimario di giurisprudenza, in quanto è bene che siano i giuristi ad addentrarsi in tale ambito; troverà invece i capisaldi degli accertamenti in ambito assicurativo volti a permettere al perito un organico approccio ad una così vasta e ampia materia.
Un’ultima nota metodologica: il testo affronterà prevalentemente l’ambito della responsabilità civile in ambito privato, per due motivi: il primo è che nell’appalto pubblico vige un quadro normativo specifico che coinvolge molteplici figure tecniche (RUP, validatori, ecc. assenti nell’ambito privato e degne di specifici ruoli/responsabilità) talvolta soggette a specifiche polizze (“ex Merloni”, polizze per colpa grave, ecc.), il secondo è la non assicurabilità della responsabilità penale, seppur è bene che il perito tenga a mente nelle proprie valutazioni come la sede penale abbia, quasi sempre, dei riflessi sull’attribuzione delle responsabilità anche in ambito della responsabilità civile.
L’incarico professionale
È la base della responsabilità che grava sul professionista; è pertanto di fondamentale importanza per comprenderne l’estensione e le finalità.
L’incarico di un professionista dovrebbe essere regolato da un disciplinare d’incarico redatto in forma scritta (obbligatoriamente dal 29/08/2017); documento che pertanto il perito avrà cura di chiedere sin dai primissimi contatti con l’assicurato; in uno degli ormai rari casi in cui l’incarico fosse stato affidato in forma orale, si potrà chiedere all’assicurato di fornire una dichiarazione su quale fosse il perimetro della sua attività.
Resta inteso che, a prescindere da quanto potrà riferire l’Assicurato, è di assoluta rilevanza quanto emergerà per tabula dall’attività svolta in concreto (si potranno chiedere documenti quali computi metrici, ordini di servizio, stati avanzamento lavori, comunicazioni alla p.a., ecc.): essi concorreranno tutti a formare il quadro delle attività, e conseguentemente delle responsabilità, del professionista assicurato.
L’attività professionale può essere svolta da un singolo professionista; tuttavia non è infrequente il caso dello studio associato; ancora essa può inserirsi nel quadro più ampio di un ATP/RTP (associazione/raggruppamento temporaneo di professionisti) strumento utilizzato in particolare negli appalti pubblici.
La domanda che il perito dovrà anzitutto porsi è: il soggetto che ha svolto l’attività professionale è tra quelli assicurati dalla polizza? In concreto, occorrerà verificare che il soggetto che appone “timbro e firma” sia lo stesso individuato in polizza nel novero degli assicurati.
Tale verifica risulta meritevole di approfondimento quando il contraente di polizza sia una società (o anche uno studio associato) e il progetto riporti nel cartiglio i soli riferimenti (es. logo/ragione sociale, indirizzo, partita IVA) del professionista firmatario: sotto il profilo assicurativo, rileva il soggetto che avrà fatturato detta prestazione, per una ragione estremamente semplice: le polizze presenti sul mercato sono tassate (e regolate) sul fatturato, è pertanto condizione essenziale che a fronte del rischio assunto l’assicuratore abbia percepito il premio.
Non è infrequente rilevare nelle polizze, contratte da una società d’ingegneria l’estensione alla copertura dell’attività svolta dei singoli professionisti autonomamente, a patto che il fatturato generato da tale attività sia dichiarato dall’atto della regolazione premio (e che esso sia afferente all’attività professionale assicurata!).
Una domanda che talvolta si accompagna a tale verifica è: la fattura costituisce un elemento essenziale ai fini dell’operatività della polizza?
Premesso che questo argomento è totalmente differente dall’omessa regolazione del premio, l’orientamento degli assicuratori si divide in due fazioni: la fattura non rileva / la fattura deve esserci. (specialmente per attività svolte tempo addietro rispetto alla data di richiesta danni).
A mio avviso, a prescindere da aspetti etici e deontologici, il tema di attività svolte più o meno realmente senza compenso è delicato: non si tratta infatti di sostituirsi alle attività dei settori della p.a. dediti alla verifica del corretto comportamento del contribuente, ma di trovare il nesso tra il rischio ed il valore economico della prestazione. Lo scrivente ritiene che il problema sotto il profilo assicurativo sia “irrisolto” in quanto, in virtù del libero mercato, la medesima prestazione può essere erogata dai due differenti professionisti, talvolta con onorari anche sensibilmente differenti.
Ecco pertanto che, a parità di rischio (la prestazione erogata), gli assicuratori – anche in un ambito di perfetta correttezza fiscale dei professionisti – e a parità di tassi, percepiranno un premio differente.
Peraltro, il perito non avrebbe un compito agevole nell’esprimersi circa la congruità della parcella; attività per la quale esistono le commissioni taratura delle parcelle dell’ordine o collegio professionale d’appartenenza dell’assicurato.
Quanto sopra, senza tenere conto dei frequenti casi di richiesta risarcitoria formulata dal committente in corso d’opera; scenario nel quale la parcella eventualmente emessa dall’assicurato non è onorata dal committente, rendendo di fatto nullo il premio percepito dall’assicuratore.
Volendo introdurre un ulteriore spunto di riflessione, il perito potrebbe doversi confrontare con polizze aventi la clausola di retroattività, concetto che slega il momento della prestazione da quello nel quale è calcolato il premio (immaginiamo un professionista che dopo anni di lavoro riduca fortemente l’attività: pagherà un premio modesto a fronte di un rischio derivante da un’attività pregressa estremamente rilevante).
L’argomento “fattura”, per confermare o negare l’operatività della polizza, a mio giudizio è irrisolto, e potrebbe essere in futuro oggetto di specifiche pattuizioni da parte degli assicuratori, magari inquadrate in un più ampio ambito (lo stesso problema infatti si ha nelle polizze di RC Generale, RC Prodotti, ecc. in genere tassate sul fatturato).
A chiusura dell’argomento “fattura”, lo scrivente ritiene che l’acquisizione del documento sia comunque utile a perimetrare, almeno in prima approssimazione, le tempistiche con le quali l’attività professionale è stata svolta ed ottenerne una sommaria descrizione.

Il periodo di efficacia della polizza
Il mercato delle polizze RC Professionale si è da anni orientato a polizze di tipo “a reclamo avvenuto” (claims made), dove in prima battuta l’elemento determinante per l’attivazione della polizza è la data di ricezione della richiesta risarcitoria.
Tale impostazione permette agli assicuratori di superare “brillantemente” la difficile problematica di stabilire il momento esatto dell’insorgenza dell’errore (come invece è necessario fare per le polizze ad accadimento della perdita (loss occurrence). Per comprendere l’utilità di tale impostazione, s’immagini il crollo di una struttura ove l’assicurato sia progettista e direttore lavori delle strutture: quando si è prodotto l’errore? Alla data di redazione del progetto, a quella di realizzazione materiale dell’opera, alla data del crollo?
Con una polizza claims made, più semplicemente, il perito dovrà verificare la data in cui il reclamo di danno è pervenuto all’assicurato; normalmente, le polizze prevedono che la richiesta di risarcimento, per comprensibili ragioni di data certa, sia formulata in forma scritta.
Sempre in ambito di ricostruzione cronologica – verifica peritale di pari (se non superiore) importanza al fine di contrastare comportamenti non di buona fede – è il controllo delle “circostanze note”: ove l’assicurato, alla data di sottoscrizione della polizza, fosse già stato a conoscenza di fatti o circostanze che ragionevolmente avrebbero potuto comportare richieste di risarcimento danni, egli può incorrere nella contestazione, da parte dell’assicuratore, dell’inoperatività della polizza.
Il tema della circostanza è in prima battuta affrontato  nel questionario assuntivo, ovvero nelle dichiarazioni che l’assicurato rende all’atto della sottoscrizione delle polizza, in quanto è evidente l’inassicurabilità di un fatto privo di alea.
È tuttavia aspetto particolarmente critico sulle polizze che annualmente prevedano non il semplice rinnovo, ma l’emissione di un nuovo certificato (tipico delle polizze sottoscritte sul mercato anglosassone), dove la mancata comunicazione della circostanza alla sostituzione annuale del certificato è motivo di non operatività della polizza.
Sotto il profilo peritale, l’argomento non è di facile accertamento in quanto la circostanza nelle polizze assume spesso anche la connotazione di contestazione all’operato dell’assicurato volta alla richiesta di un danno espressa anche solo in forma orale.
Per comprendere se sussistano circostanze note non dichiarate all’assicuratore, il perito dovrà pertanto analizzare pragmaticamente la cronologia dei fatti, in modo da formare al suo interno un autonomo pensiero su quando ragionevolmente le doglianze potevano manifestarsi ed il committente possa aver contestato al professionista il danno; nel caso il perito rilevi delle potenziali criticità rispetto alla data di inizio efficacia della polizza/certificato, è opportuno – ove autorizzati dall’assicuratore – acquisire dalla controparte dichiarazioni in merito alla data della prima contestazione circa l’operato dell’assicurato.
Quanto sopra permetterà di valutare se il professionista abbia fedelmente dichiarato all’assicuratore i fatti noti, ovvero abbia attivato, quando prevista, la deemining clause (clausola di ritenzione), che permette al professionista di comunicare all’assicuratore un potenziale sinistro  quando egli abbia il sentore di aver commesso un errore seppur non abbia ancora ricevuto la richiesta di risarcimento.
L’argomento della circostanza nota, come intuibile, è un tema molto rilevante sotto il profilo assicurativo e parimenti, sotto il profilo professionale, di difficile approccio in quanto non tutti i professionisti affrontano le contestazioni da parte dei clienti e degli appaltatori con la medesima sensibilità, talvolta in perfetta buona fede; lo scrivente pertanto suggerisce di segnalare tempestivamente agli assicuratori eventuali circostanze note, emerse nel corso delle attività peritali, in modo da permettere loro di eseguire le proprie valutazioni sul caso in esame.
Sempre in tema di cronologia dei fatti, è necessario che il perito collochi l’attività professionale nel tempo: larga parte delle polizze presenti sul mercato pongono infatti precise limitazioni alle attività professionali assicurate (che possono essere superate dalla clausola di retroattività, talvolta richiamata come “RC Pregressa”).
Tipicamente, gli assicuratori italiani concedono poi delle estensioni temporali (“retroattività”) di 2, 5, 10 anni a copertura delle attività professionali svolte prima della data di inizio del contratto; gli assicuratori anglosassoni concedono frequentemente una retroattività illimitata, ma sono estremamente attenti al tema delle circostanze.
È pertanto importante che il perito accerti, possibilmente mediante acquisizione di documenti con data certa, l’arco temporale nel quale il professionista abbia operato, aspetto che potrebbe essere non d’immediata individuazione (ad esempio nel caso in cui si assicuri un direttore lavori e l’attività di costruzione si sia protratta per diversi anni). L’attività professionale soggetta all’errore potrebbe infatti cadere in un periodo temporalmente antecedente al periodo di retroattività concesso dall’assicuratore e conseguentemente non essere coperta dalla polizza. In questo caso, il giornale di cantiere e l’analisi dei SAL possono costituire una valida base per gli accertamenti del perito.
Nel prossimo articolo affronteremo i temi legati alla verifica dell’attività professionale assicurata, la distinzione tra danni e perdite patrimoniali e il loro riflesso in termini di copertura assicurativa, nonché alcune delle esclusioni più significative e ricorrenti nello svolgimento di una perizia R.C. Professionale.