La qualità nell’ambito dell’attività di Loss Adjusting

La qualità nell’ambito dell’attività di Loss Adjusting

Il controllo qualità, è uno degli aspetti fondamentali di qualsiasi processo. Nell’ambito delle perizie assicurative il tema è di grande rilevanza: quasi ogni Compagnia ha strutturato un sistema di verifica degli elaborati prodotti della propria rete peritale. È quindi un argomento che interessa tutti i periti assicurativi, ma di cui si tende a parlare poco, sommessamente, quasi fosse un tabù. Eppure la categoria dei Loss Adjusters ha tutto l’interesse a che siano effettuati controlli rigorosi, su basi omogenee e con criteri corretti, che mettano in evidenza le migliori professionalità. Ma per effettuare una verifica qualitativa è necessario definire inizialmente quali sono gli indicatori da misurare, ovvero, in nuce: in cosa consiste la qualità di un elaborato peritale? È materia assai complessa, affrontata con modalità eterogenee e non sempre adeguate. Misurare la qualità di una perizia significa valutare un “prodotto” che è il frutto di un incontro tra attività di carattere tecnico – scientifico e altre di natura giuridico – psicologica. Con un po’ di enfasi possiamo definire la perizia assicurativa come un punto d’incontro tra hard science e soft science: dove le prime si basano su dati sperimentali, quantificabili e ripetibili, mentre le seconde definiscono un ambito non riconducibile a misure analitiche. Questa dicotomia trova un punto d’incontro nell’attività del perito assicurativo il quale, da una parte deve procedere alla ricerca delle cause fisiche di un fenomeno e alla quantificazione del danno ad esso conseguente, dall’altra deve elaborare tale analisi con competenze di carattere tecnico – giuridico (la materia è regolata da un contratto) arrivando a un contraddittorio trasparente e corretto con le parti interessate, con un approccio che richiede abilità cognitive, emotive e relazionali.
Misurare uno solo di questi elementi (riscontri numerici su tempi e costi ad esempio) non definisce compiutamente la qualità della perizia, la quale spesso presenta gli aspetti di maggiore difficoltà non nella definizione del quantum ma dell’an debeatur. A riscontro di questa eterogenea natura in cui è articolata l’attività del Perito Assicurativo, ricordo come i master del Cineas – autorevole e indiscusso ente di formazione della categoria – siano strutturati appunto con moduli che coprono sia l’area scientifica, che quella giuridica e “relazionale”.
Non si pensi che per i sinistri di frequenza tali competenze trasversali non siano richieste: per alcuni versi le difficoltà sono anche maggiori essendo minori le risorse disponibili ma del tutto analoghe le aspettative delle parti.
D’altro canto sulla gestione dei sinistri si fonda la credibilità delle Compagnie: a nulla servono le campagne pubblicitarie se alla prova dei fatti la prestazione attesa da chi subisce un danno non è all’altezza delle promesse, e non mi riferisco ovviamente al solo corrispettivo economico.
Oggi si propongono all’espletamento di attività che fino a ieri erano competenza esclusiva dei periti, nuovi operatori che effettuano accertamenti di tipo tecnico – o come tali presentati – proponendosi come “specialisti” di uno specifico settore o comunque come alternativa strutturata all’attività tradizionale del perito assicurativo. Nella realtà accanto ad alcune figure di ottima preparazione e livello non è riscontrabile se coloro che effettuano effettivamente la massa dei rilievi siano degli “specialisti” e di quali siano, se vi sono, le loro specializzazioni: tali si presentano e, al momento, tali sono ritenuti. Il modello organizzativo di questi operatori – seguito ora anche da alcune società peritali – si articola con il ricorso ad “accertatori” che operano secondo un modello “tayloristico” basato sulla parcellizzazione dei processi (Frederick Taylor fu l’ideatore di un metodo di organizzazione scientifica del lavoro che portò alla nascita, nei primi anni del ‘900, della catena di montaggio presso gli stabilimenti Ford).
La scomposizione dell’attività permette di utilizzare operatori privi di una competenza professionale complessiva; si tratta di soggetti fungibili, quindi rimpiazzabili e intercambiabili che – proprio per questo – hanno bassi costi di gestione. È indubbia la grande abilità di questi nuovi operatori che riescono a presentare l’attività da loro così strutturata, come indice di un’elevata qualità del servizio prestato, quando in realtà si tratta di un approccio burocratico effettuato da soggetti che non hanno le competenze eterogenee oggi richieste a chi si occupa di estimo assicurativo. Si rimane sconcertati a constatare come da queste realtà la categoria peritale abbia subito e stia continuando a subire un vulnus.
Oggi al di fuori della stima e dall’apprezzamento che regolano i rapporti personali dei singoli Periti con i loro interlocutori presso le Compagnie, la categoria – nel suo insieme – subisce gli effetti di un discredito a cui è giunto il momento di reagire con un moto unitario d’orgoglio: per tradurre il concetto con uno slogan è giunto il momento del primo Loss Adjusters Pride. Il punto di partenza di questo rilancio può essere il progetto – attualmente in fase di realizzazione – relativo alla norma UNI – U83.00.A09.0 che definisce la figura dei Periti Liquidatori Assicurativi. Si è appena conclusa la fase di Inchiesta Pubblica e il gruppo di lavoro – coordinato da Pietro Adorni di Aipai – costituitosi nell’ambito della commissione tecnica “Attività professionali non regolamentate” presso l’Ente nazionale italiano di unificazione che studia, elabora, approva e pubblica le norme tecniche volontarie (cosiddette “norme UNI”) si riunirà a breve per l’esame delle eventuali osservazioni pervenute, dando seguito poi alla pubblicazione del disposto normativo. Saranno così definiti i requisiti di conoscenza, abilità e competenza di chi esercita professionalmente l’attività peritale. È una rivoluzione copernicana rispetto all’approccio “tayloristico”: la norma definisce la figura di colui che è preparato specificamente per svolgere questo compito; non uno sconosciuto “specialista” ma il Professionista le cui competenze saranno valutate e riscontrate da un ente certificatore terzo e indipendente. L’iter per chi intende certificarsi è lungo e ad alcuni può apparire anche eccessivamente impegnativo. È solo però con un serio e articolato percorso formativo che si può raggiungere la preparazione necessaria a svolgere in modo adeguato questa professione che – oggi più di ieri – è di fondamentale importanza nel rapporto tra Compagnie e Assicurati. Affidandosi a Periti che una volta certificati si impegnano a mantenere e migliorare con continuità le loro conoscenze, le Compagnie avranno un’effettiva cognizione di chi sono i soggetti a cui affidano tanta parte del proprio patrimonio, non solo finanziario ma – forse ancora più importante – di serietà e credibilità nei confronti dei loro Clienti. Per determinare la qualità della perizia assicurativa non si potrà dunque prescindere dal verificare la certificazione del professionista che l’ha redatta. Solo considerando anche questo elemento, si potranno superare i limiti di un controllo basato unicamente su riscontri contabili, cogliendo la complessità data dall’incontro tra hard science e soft science. Per questo la nuova norma Uni si pone, oltre che punto di partenza per un nuovo approccio all’attività peritale, quale elemento fondante dell’orgoglio professionale di un’intera categoria.