Approccio e metodo nei sinistri di R.C. Professionale tecnica (II Parte)

Approccio e metodo nei sinistri di R.C. Professionale tecnica (II Parte)

In questa seconda parte dell’articolo dedicato alla RC dei professionisti tecnici, condivideremo le verifiche che, a mio parere, sono tra le più importanti tra quelle che il perito deve fare per poter far dialogare l’attività professionale assicurata, le conseguenze dell’errore professionale (ove accertato!) e la polizza.

Sull’ultimo punto si ricorda, in particolare ai più giovani, che non è compito del perito andare alla ricerca dell’interpretazione autentica della polizza, ovvero della ratio che ha portato gli assuntori alla formulazione delle pattuizioni contrattuali, mentre resta, a parere dello scrivente, compito del perito comprendere la polizza al fine di poter focalizzare i suoi punti chiave, indispensabili per permettere alla mandante la corretta definizione del sinistro.

Il rischio assicurato

Facendo un parallelo con le garanzie sui beni, è importante capire se l’attività svolta dal professionista risponda a quanto descritto in polizza.

La prima verifica che il perito si trova a dover fare è se il professionista assicurato, nel caso delle professioni regolamentate, fosse al momento dell’esecuzione della prestazione professionale (ed alla sottoscrizione della polizza!) iscritto all’albo professionale di riferimento per il suo titolo di studio.

In generale tale accertamento può essere svolto mediante la consultazione degli albi professionali liberamente fruibili su internet; da una decina d’anni per molte professioni (es. ingegneri, architetti, geometri e periti industriali) sono disponibili gli “albi unici” che coprono l’intero territorio nazionale, anziché le singole provincie, semplificando l’individuazione del collegio o ordine di appartenenza.

Tale verifica permette di accertare anche il settore di specializzazione del professionista, aspetto che, come esporrò nei prossimi paragrafi, è di assoluta rilevanza in quanto, dalla specializzazione discendono, ex lege, le competenze dell’assicurato.

Circa eventuali periodi di sospensione dell’Assicurato, esse dovranno essere gestite dal perito con particolare attenzione individuando se la data alla quale è stato commesso il fatto illecito che ha cagionato il sinistro sia collocabile al loro interno.

Aspetto che talvolta è complesso da affrontare è il valutare se la prestazione professionale causa del sinistro sia, o meno, compresa tra quelle per legge autorizzate in relazione alla professione assicurata.

Tralasciando volutamente i casi macroscopici, la stratificazione nei decenni (si parte degli anni ‘30 con i regi decreti!), di competenze, progressione della tecnica, ampliamento dei corsi di studi, nonché orientamenti giurisprudenziali talvolta contraddittori, hanno reso questa verifica talvolta decisamente complessa.

In generale il perito che dovesse avere dei dubbi deve compiere l’esercizio – tecnico – di sintesi tra le leggi che regolamentano la professione e le sentenze più recenti che possano interessare il caso concreto, proponendo al liquidatore della compagnia il suo punto di vista in modo da poter permettere eventuali approfondimenti in punto di giurisprudenza alla consulenza legale della mandante.

Altro suggerimento che propongo è quello di integrare tali verifiche con la consultazione della “tariffa professionale”, documento utile a comprendere la portata delle attività individuate dal legislatore come di competenza della professione di interesse.

La criticità sopra raffigurata (attività extra lege) è stata talvolta gestita da alcuni assicuratori con l’inserimento di specifiche garanzie che, seppur sublimitate economicamente e soggette a sentenza di condanna, forniscono all’assicurato in buona fede, la tutela della polizza anche ove esso abbia operato al di fuori del perimetro concessogli dalla legge.

Restano invece sempre esclusi i comportamenti dolosi dell’assicurato se volti a perpetrare un esercizio abusivo della professione.

Ci si potrebbe anche domandare: “il perito assicurativo com’è normato?”.

Trattandosi di una professione non regolamentata (con la sola eccezione della stima dei danni agli autoveicoli) si può far riferimento alla norma UNI 11628:2016; essendo norma facoltativa i suoi contenuti non costituiscono automaticamente una limitazione all’attività peritale.

Vista la caratura internazionale che talvolta caratterizza le società d’ingegneria e di architettura occorre poi porre attenzione a dove sia stata svolta l’attività professionale dell’assicurato; molte polizze la limitano all’Italia o all’Unione Europea (per evidenti ragioni di diritto applicabile).

Circa il luogo di accadimento del sinistro esistono varie formulazioni: ove esso sia extra UE è bene verificare puntualmente la pattuizione contrattuale.

Altro aspetto che sovente è da dirimere sono le cosiddette attività “accessorie” o “diverse”, quali l’ottimizzazione fiscale dell’operazione edile mediante il reperimento di contributi, il deposito di pratiche aventi valenza meramente amministrativa (es. permessi per apertura attività commerciali), attività di amministratore condominiale, in parallelo all’attività professionale primaria, altro, ecc.

In generale le polizze prevedono un elenco ben delimitato di queste attività accessorie, in assenza del quale il consiglio è di ritenere sub iudice tutte quelle attività non individuabili nella tariffa professionale.

La stima del danno

Passando ora alla stima dei danni, ove si ravvisi imperizia, negligenza e/o imprudenza nella condotta professionale dell’assicurato è importante verificare immediatamente se la polizza preveda, come spesso accade con i prodotti messi a mercato dagli assicuratori italiani, la definizione di perdite pecuniarie (talvolta definite danni patrimoniali puri) che sono i pregiudizi economici non conseguenti a danni materiali a cose / lesioni a persone.

Casi classici delle perdite pecuniarie sono le spese per eliminare i difetti dell’opera progettata o diretta, errate certificazioni, ovvero le sanzioni; sul punto spesso le polizze elencano le perdite pecuniarie coperte (con una formulazione che ricorda le polizze named perils), elenco variegato e che pertanto è sempre bene controllare attentamente in quanto talvolta in parte derogato da condizioni aggiuntive o facoltative che limitano, almeno in parte la portata delle esclusioni.

In particolare, relativamente alle sanzioni, sono sempre escluse quelle in capo all’assicurato (mancando il requisito di terzietà) e, spesso, quelle frutto di comportamenti palesemente contro lege (es. edificazione in assenza dei titoli autorizzativi).

Il perito si potrebbe poi trovare a dover collocare tra i danni anche la richiesta di rimborso da parte del committente degli onorari sostenuti per la prestazione professionale dell’assicurato, viziata da errore.

Tale danno non è mai risarcibile in quanto il professionista in caso di effettivo errore dovrebbe rimettere al committente la quota parte di parcella ad esso inerente, ovvero ripetere la prestazione emendandola dall’errore. Peraltro il professionista non è “terzo a sé stesso”, motivo per il quale nulla è risarcibile su tale fronte, dalla polizza.

Il danno reclamato potrebbe inoltre contenere voci all’apparenza legittime, ma raffiguranti costi che il committente “avrebbe dovuto comunque sostenere” per la realizzazione dell’opera.

Il tema è solo all’apparenza di facile applicazione, in quanto non è sufficiente separare detti costi dal resto, ma il perito deve percorrere un’analisi critica su:

  • maggiori costi che la loro realizzazione, magari a cantiere finito, comporti (es. ponteggi, presentazione comunicazioni alla p.a.)
  • oneri finanziari derivanti dai costi non programmati che il committente si trova a dover sostenere ad opera iniziata (es. interessi sul eventuale finanziamento chiesto agli istituti bancari, perdita di contributi pubblici a fondo perduto) aspetto critico per le stazioni appaltanti pubbliche che hanno dei quadri economici e relativi stanziamenti ben definiti;

Più immediata è la segregazione – ove prevista – dei “Danni alle opere”, distinzione che in alcune polizze è volta ad un duplice richiamo: da una parte il codice civile con le garanzie tipiche dell’appaltatore  ex art.1669 cc (rovina e difetti di cose immobili) che sovente sono “estese” ai professionisti coinvolti nella realizzazione dell’opera, oltreché limitare l’esposizione degli assicuratori verso quelle casistiche significative che permettano, ragionevolmente, di escludere quelle difettosità minori che dovrebbero restare in capo all’appaltatore.

Ultimo aspetto che ritengo con questa breve trattazione di proporre ai colleghi è la graduazione della colpa, concetto malamente traslato nelle percentuali di responsabilità che si pongono in capo ai vari soggetti coinvolti nel sinistro.

Tale esercizio è talvolta espressamente chiesto dalle mandanti; quanto meno è certamente da molte di esse tacitamente gradito.

Ove non sussistano espressi divieti da parte delle mandanti ad esprimersi sul punto, suggerisco di approcciare il tema con grande umiltà in quanto in esso è la summa di aspetti giuridici che esulano completamente la formazione tecnica.

Di contro è pur vero che con tecnicità, oggettività (e buon senso!) nelle fasi transattive è possibile raggiungere accordi con le varie parti coinvolte che “lascino tutti un poco insoddisfatti”, motivo per il quale si suggerisce di fornire alle mandanti degli “intervalli” di responsabilità e non delle percentuali “monolitiche” frutto di non si sà quale ardito ragionamento.

Su tale tema il perito non deve inoltre ignorare i rischi derivanti dalla “responsabilità solidale” che, ove non esclusa in polizza, deve fargli traguardare scenari nei quali, innescato il giudizio presso la Corte, parte degli attori oggi presenti (tipicamente gli appaltatori) un domani potrebbero perdere di solvibilità, lasciando al professionista (e di riflesso al di lui assicuratore) un onere risarcitorio ben più gravoso di quello frutto di un’accurata ed oculata transazione.

Non esistendo a mio parere formule matematiche per la determinazione delle quote di corresponsabilità, è pertanto solo l’esercizio sul campo che permette al perito di acquisire la sensibilità atta a proporre alle proprie mandanti le strategie di transattive più efficaci. Non solo in punto di stima, ma anche di efficienza nel costo complessivo della gestione del sinistro; sempre nell’ottica di valorizzare, al massimo contrattualmente possibile, la tutela acquistata dal professionista con la sottoscrizione della polizza.

Nella prossima puntata tratteremo il tema delle esclusioni con le quali il perito deve confrontarsi; esclusioni talvolta articolate e non sempre perfettamente allineate con le aspettative dei professionisti proponendo alcuni esempi di casistiche e di criticità più comuni.